Per coloro per cui Il Signore degli Anelli non è altro che
un film con grandi effetti speciali, per coloro per cui si tratta di un libro
per ragazzi, per coloro per cui è un mattone troppo lungo e pesante, ma anche
per chi l’ha trovato bello ma non ha mai avuto tempo o voglia di approfondirne
i contenuti, ho deciso di condensare qualche pensiero e dare qualche spunto per
farlo.
Diventare un mito
“The Lord of the Rings” è il mio libro preferito. Perché?
Perché Tolkien è stato capace di costruire una fiaba che è divenuta mito. Quale
altro romanzo è mito? Tolkien stesso pensava che “Leggende e miti siano fatti
di verità, e in realtà presentino aspetti della verità che possono essere
recepiti solamente sotto questa forma”. Nel leggere il Signore degli Anelli, si
percepisce qualcosa di magico e profondo. E’ come guardare la superficie di un
profondo oceano, come affacciarsi sull’inconscio collettivo. “Ho sempre avuto
la sensazione di registrare qualcosa che c’era già, da qualche parte: non di inventare”. L’ossessione di Tolkien, che
dedica la propria vita all’elaborazione di un mondo e di una storia, ha dato decisamente
i suoi frutti, e il suo lavoro è alla base di tutto il fantasy moderno o meno.
E non solo.
La trama è ben conosciuta: si tratta del cammino di alcuni
eroi mirato alla distruzione dell’anello del potere, artefatto che, se dovesse
cadere in mano all’oscuro signore, comporterebbe la vittoria del male e la fine
del mondo. Detta così è veloce e indolore, vero? Invece la storia è,
ovviamente, davvero lunga e si articola in tre libri-capitoli.
La religione nascosta
Il romanzo presenta un forte elemento religioso, cattolico,
”radicato nel simbolismo e nella storia stessa” in modo implicito, talmente implicito che non si
sente mai parlare di culti o religione. Eppure è così, e anche molti personaggi
riflettono gli ideali cristiani: Aragorn e Gandalf, gentili e altruisti,
Galadriel che rispecchia Maria, Radagast San Francesco (un certo atteggiamento
francescano si sente in gran parte del libro), Frodo con la sua umanità e
debolezza, e Sam, nelle intenzioni dell’autore il reale protagonista della
vicenda, che rappresenta un ideale di uomo, proletario umile e dedito con
felicità all’aiuto e servizio degli altri. Il Silmarillion, ove tutto è mito,
spesso fa il verso alla Bibbia, a partire dalla Genesi e creazione del mondo,
con la caduta di Lucifero-Melkor.
Quello della religione è un aspetto molto importante, complesso
e controverso del libro, che si realizza appieno nello straordinario finale:
Frodo ha la volontà di attuare il bene ma non la forza per farlo, e sul ciglio
di monte fato la sua volontà logorata cede e rifiuta di distruggere l’anello. Tuttavia
l’anello viene comunque distrutto, grazie all’intervento imprevisto e non
voluto di Gollum. Gollum, che Frodo ha in più occasioni deciso di salvare
nonostante apparisse come una creatura malvagia, seguendo il consiglio di
Gandalf secondo cui non bisogna essere veloci a giudicare, e secondo cui tutti
abbiamo un ruolo da svolgere. “Many
that live deserve death. And some that die deserve life. Can you give it to
them? Then do not be too eager to deal out death in judgement”. Come
nella tradizione cristiana, accade spesso di finire in situazioni che
trascendono le nostre possibilità. Situazioni in cui la tentazione è superiore
alle nostre forze, e non vi è via d’uscita. A volte, sono gli atti che abbiamo
compiuto in precedenza ad offrirci la possibilità di redenzione.
Alberi contro
macchine
Ricorrente è l’invettiva contro la tecnologia. Diffidente
verso il progresso scientifico, Tolkien mette in guardia soprattutto da quelle
scoperte e macchinari finalizzati ad avere uno spinto controllo sulla natura e
sugli altri, che portano con sé una sensazione di dominio. Isengard e Saruman
sono il simbolo più chiaro di quella tecnologia distruttiva e noncurante che
non porta alcun progresso all’uomo, ma piuttosto lo rende schiavo. Dopo lo
scontro con i primordiali Ent, privato della sue progenie e delle infernali
costruzioni, Saruman rimane un debole vecchio chiuso nella sua torre.
Tolkien ci ammonisce, e ci mette davanti agli occhi i
problemi che sorgono quando si fa troppo affidamento su delle simili macchine o
strumenti: ci si indebolisce, perché si riversa parte del proprio potere in
essi. Si esternalizza la propria forza, apparentemente aumentandola, ma
originando una maggior debolezza qualora questa fonte esterna dovesse venire
meno. Pensate a quanto siamo dipendenti dai computer, o dalle auto.
L’unico anello stesso è un chiaro simbolo della tecnologia
di dominio. Esso conferisce grandi poteri (e al contempo rende il suo artefice
vulnerabile), ma ad un prezzo. Chi ne fa uso ne diventa sempre più dipendente,
e la sua volontà si affievolisce. Non è un caso che chi lo indossi diventi
invisibile. La sua essenza, personalità, è come se sparissero. Inoltre l’anello
allunga la vita fino all’inverosimile: ma di quale vita si tratta, a questo
punto? Bilbo si sente come una fetta di
burro spalmata su troppo pane, perché la sua esistenza in qualche modo sta
perdendo di significato. Questo ci porta ad un altro argomento.
Tutte le storie
parlano di morte
Affrontato più volte, da più angoli, il tema della morte è
centrale nel Signore degli Anelli quanto in altre opere di Tolkien. Molte delle
vicende della Terra di Mezzo, in primis il Signore degli anelli, sono dominate
da un senso di perdita, dalla sensazione della fine incalzante e vicina.
L’entropia, la decadenza della vita, è insita in tutte le cose, nella struttura
stessa del mondo. Questo fin dalla sua origine, quando Melkor rinunciò alla sua
componente “angelica” per avere dominio sulle cose terrene, e insinuò il suo
potere in esse corrompendole.
Per esplorare il tema basta riflettere sul carattere
immortale degli elfi. Ci si interroga su cosa comporti l’immortalità: è questa
che conferisce agli elfi la loro malinconia, la loro aria distante, e che
incentra la loro cultura sul ricordo del passato piuttosto che sul presente.
Gli elfi vedono scorrere davanti a sé un mondo mortale, e non possono fare
altro che aggrapparsi ai ricordi degli antichi tempi dorati, quando la luce
degli alberi di Valinor splendeva nella notte.
Gli uomini invece hanno un destino diverso, e sono costretti
dopo brevi vite a lasciare il mondo terreno per l’ignoto. Racconti che
presentano in modo tragico e poetico il tema della morte sono ad esempio quello
di Beren e Luthien, la quale rinuncia alla sua immortalità per amore, o quello
della caduta di Numenòr, il cui popolo viola le leggi divine alla ricerca di
qualcosa che non gli è concesso, attirando su di sé la punizione sotto forma di
un onda gigante che spazza via la loro civiltà (sì, come Atlantide).
In definitiva, l’atteggiamento da tenere verso la morte è
quello di accettazione e speranza, una sorta di atto di fede. Inutile
disperarsi, e infelici i tentativi di sfuggirle, magari tramite mezzi come
l’anello. “In tristezza dobbiamo lasciarci, ma non nella disperazione” dice
Aragorn ad Arwen “Guarda!non siamo vincolati per sempre a ciò che si trova
entro i confini del mondo, e al di là di essi vi è più dei ricordi”.
Più illuminanti delle mie sono di sicuro parole dello stesso
Tolkien, che in un’intervista alla BBC cita Simone de Beauvoir: “Human stories
are practically always about one thing, really, aren't they? Death. The inevitability of death… 'There is no
such thing as a natural death. Nothing that ever happens to man is natural,
since his presence calls the whole world into question. All men must die, but
for every man his death is an accident, and even if he knows it he would sense
to it an unjustifiable violation.' Well, you may agree with the words or not,
but those are the key spring of The Lord Of The Rings” .
Tette e spadoni
Di spade ce ne sono parecchie, di donne, a farci caso,
poche. Questo ha sollevato domande e accuse di vari tipi. Ridicole. Il signore
degli anelli non è ambientato nel terzo millennio, non c’è la parità dei sessi.
I personaggi femminili potranno essere anche pochi, ma hanno comunque dei ruoli
centrali che rispecchiano vari aspetti dell’idea che lo scrittore aveva
dell’essere femminile.
Galadriel ha tutti gli attributi di una madre, potente e
protettiva. Arwen, ancora meno attiva nel libro che nei film, incarna molti
stereotipi di principesse, amate e lontane. In Eowyn, probabilmente la più
interessante, risplendono la forza e l’indipendenza che possono brillare in una
donna. Può sembrare che Tolkien abbia semplicemente creato una figura maschile
in un corpo femminile, così non è, tutte le parti più importanti del cammino di
Eowyn sono incentrate sul suo non essere uomo, a partire dallo scontro con il
Re Stregone di Angmar. Amore non corrisposto, coraggio, lealtà, amicizia,
famiglia, spirito di sacrificio, sono i tanti temi che circondano la figura
della figlia di Theoden.
Le stelle al di sopra
delle nubi
Perché mi capita così spesso di riprendere il mano il
Signore degli Anelli, perché mi basta leggere qualche riga per ritrovare la
serenità? Certo, c’è la componente di evasione. Distacco immediato dal
complesso mondo reale per immergersi in tranquillizzanti paesaggi bucolici dove
il male è facilmente individuabile, e le scelte da compiere sempre chiare ed
epiche. Ma c’è qualcosa di più.
Sostanzialmente, il libro è costituito da centinaia di
pagine in cui tutto sembra andare male all’inizio, e sempre peggio andando
avanti. I momenti di pace e felicità sono pochi, e le ombre gravano anche su di
essi. Domina la sensazione di una cosa malvagia, ineffabile e imbloccabile che
si fa strada e cresce nel mondo e in ciascun individuo. Nessuno ha una vita
troppo facile. Ma è fondamentale capire l’importanza del lottare per un fine.
Del non disperarsi e deprimersi mai. Perché la speranza, anche se completamente
folle, è inestinguibile e sempre nascosta da qualche parte. Come nel già
abbastanza citato passaggio dove Sam, sperduto a Mordor, ritrova un attimo di
serenità ammirando le stelle che per un momento si intravedono sopra le nuvole
nere.
“There was
sorrow then too, and gathering dark, but great valour, and great deeds that
were not wholly vain.”
Questo è, per me, il cuore del Signore degli Anelli.
Affrontare le tenebre e crescere sperando.